L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa progressivamente invalidante che sta colpendo un numero sempre maggiore di persone, soprattutto nei paesi sviluppati.

Non sono ancora chiari i motivi che causano questa graduale morte dei neuroni. Attualmente si è a conoscenza solo del fatto che è strettamente connessa con la formazione nel cervello di placche amiloidi e ammassi neurofribillari.

Non esistendo farmaci in grado di fermare il decorso di questa malattia, è fondamentale anticiparla per poterne rallentare gli effetti negativi. Gli esami diagnostici utilizzati presentano però dei limiti: sono invasivi, costosi e si possono effettuare solamente in centri specializzati, poiché si basano sull’analisi del fluido cerebro-spinale e nel catturare immagini del cervello tramite traccianti radioattivi.

Un algoritmo predittivo intelligente

La sfida è creare uno strumento per una diagnosi precoce, non invasivo né costoso, per poterlo utilizzare su un maggior numero di persone.

È all’interno di questa esigenza che si inserisce la ricerca condotta dall’Università di Bari e guidata da Nicola Amoroso e Marianna La Rocca. L’obiettivo dei ricercatori è stato quello di sviluppare un algoritmo predittivo capace di diagnosticare l’Alzheimer, addirittura 10 anni prima che si manifesti.

L’Intelligenza Artificiale permette di istruire l’algoritmo facendogli analizzare porzioni di cervello di una persona sana e altri di una affetta dalla patologia. Per ottenere risultati soddisfacenti, i ricercatori hanno anche scoperto che le porzioni non devono superare una grandezza compresa tra i 2250 e i 3200 millimetri cubi.

Una ricerca di successo e innovativa

I risultati ottenuti sono più che positivi: l’algoritmo predittivo nell’86% dei casi è stato in grado di distinguere un cervello affetto dall’Alzheimer, riconoscendo, dall’analisi delle sezioni, le strutture cerebrali che vengono modificate a causa della malattia.

La scoperta è davvero innovativa in quanto permette di costruire un modello predittivo che si arricchirà nel tempo di altri dati, aumentando così l’intelligenza dell’algoritmo che sarà in grado di riconoscere con un tasso di successo sempre maggiore l’insorgenza della patologia.

L’importanza di giocare d’anticipo

Anticipare l’Alzheimer è ad oggi l’unico strumento per poterne rallentare il decorso, garantendo così ai pazienti una prospettiva di vita migliore, nella speranza che in futuro si arrivi anche a trovare una terapia che possa arrestare questa neurodegenerazione.

Per questo motivo sono in corso altre ricerche, come quella sviluppata all’Università di Zagabria che si basa sull’analisi di marcatori nel sangue. La soluzione croata non sta però dando i risultati attendibili che ci si aspettava e, a differenza dell’algoritmo, non può essere utilizzata per diagnosticare in anticipo la patologia.

La ricerca italiana ha infatti un punto di forza che attualmente manca in altri studi: l’algoritmo può essere addestrato per costruire modelli predittivi di altre malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson.

Giocare d’anticipo è attualmente l’unico modo per garantire un benessere futuro che sia anche duraturo.

 

 

Sources: New Scientist, Visual Hunt