Nonostante la maggior parte delle ricerche abbia messo in evidenza soprattutto l’aderenza ai trattamenti farmacologici, in realtà il concetto di aderenza comprende numerosi altri comportamenti, in qualche modo legati alla tutela della salute, che vanno ben oltre la semplice assunzione dei farmaci prescritti.

Durante un meeting della WHO (World Healthcare Organization) sull’aderenza alla terapia, tutti i partecipanti sono giunti alla conclusione che l’aderenza è “il grado con il quale il paziente segue le istruzioni mediche”.

Tuttavia, non solo il termine “mediche” appare insufficiente per descrivere l’intero range di interventi necessari al trattamento di patologie croniche, ma anche il termine “istruzioni” sembra raffigurare il paziente esclusivamente come un soggetto chiamato ad accogliere in maniera del tutto passiva il parere di un esperto e non, al contrario, come un soggetto che collabora attivamente al processo terapeutico.

Si crede, inoltre, che il paziente insieme agli altri operatori sanitari debba avere un ruolo attivo nella definizione della propria cura e che una comunicazione corretta tra paziente ed operatori sanitari rappresenti un fattore fondamentale per una pratica clinica realmente efficace.

Dopo questi ragionamenti, la definizione più corretta sembrerebbe essere dunque “il grado di effettiva coincidenza tra il comportamento individuale del paziente e le prescrizioni terapeutiche ricevute dal personale sanitario curante.”

La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata ad un aumento degli interventi di assistenza sanitaria (il che già significa un aumento nei costi), della morbilità e della mortalità che rappresentano un danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario e per la società.

Gli studi ci offrono numeri sconvolgenti! Ad esempio in uno studio dell’”Annals of Internal Medicine” che riguarda il mercato americano, è stato dimostrato che quasi 50% dei medicinali per le malattie croniche non viene assunto come prescritto.

Coloro che non assumono i farmaci prescritti, di solito prendono solamente metà dose. Questa mancanza di aderenza alla terapia risulta in circa 125.000 decessi e almeno un 10% di ospedalizzazione e, di conseguenza, porta ad un costo compreso tra 100 e 289 miliardi di dollari all’anno.

Anche i dati italiani fanno davvero riflettere se si pensa che nel 2012 solo il 55,1% dei pazienti trattati per ipertensione ha seguito correttamente la terapia e, sempre nel 2012, solo il 38,4% dei pazienti in trattamento per depressione ha evidenziato un’adeguata aderenza alla terapia.

In generale, il livello di aderenza alla terapia a lungo termine per le malattie croniche nei paesi sviluppati è in media del 50%. Nei paesi in via di sviluppo, i livelli di aderenza sono più bassi.

È innegabile che molti pazienti sperimentino molte difficoltà nel seguire le prescrizioni terapeutiche. Inoltre, questa è una strada bidirezionale: la crescita della mancata aderenza porta ad una crescita a livello mondiale dell’incidenza delle malattie croniche.

Parlando di aderenza, è importante capire dove sta il rischio. Com’è ormai noto, la popolazione anziana è quella più a rischio sotto il profilo dell’aderenza alla terapia, specie in compresenza di più patologie. Inoltre, le malattie croniche di solito richiedono terapie di lungo termine ed è più probabile che i pazienti perdano le speranze, il che risulta in un abbandono della terapia.

L’Italia è al secondo posto in Europa per indice di vecchiaia, con intuibili conseguenze sull’assistenza sanitaria a causa del numero elevato dei malati cronici. L’aderenza alla terapia è pertanto fondamentale per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

Considerando le conseguenze della non aderenza, possiamo affermare che maggiore aderenza significa minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie

Aderenza alla terapia: Come Possiamo Migliorarla?

Innanzitutto considerando la non-aderenza come una condizione clinica diagnosticabile e trattabile e, in più, facendo attenzione ai fattori che portano alla non-aderenza.

Quest’ultimi possono essere distinti in due categorie:

  • Mancata aderenza non intenzionale: il paziente non ha compreso la terapia, o parti di essa, oppure incorre in dimenticanze saltuarie. In questo caso sarà necessario lavorare sul versante informativo e sulla reciproca comprensione tra medico e paziente.
  • Mancata aderenza intenzionale: il paziente decide di non curarsi per una serie di ragioni che possono andare dalla negazione della malattia, all’interpretazione errata dei sintomi, come non gravi o come non curabili, ad atteggiamenti di sfida verso la malattia o verso il personale sanitario. In questo caso, ovviamente, il problema è più complesso.

Con queste premesse si capisce bene come il problema dell’aderenza alla terapia sia di grande rilevanza e debba essere adeguatamente affrontato e razionalizzato.

L’educazione terapeutica del paziente gioca un ruolo chiave e dovrebbe permettere di acquisire e mantenere la capacità e le competenze che lo aiutino a convivere in maniera ottimale con la sua malattia, mantenendo o migliorando il proprio stato di salute.

É necessario, inoltre, porre attenzione sulla costruzione di un’alleanza tra medico e paziente mettendo in atto strategie efficaci applicate ad un processo continuo, integrato alle cure e centrato sul paziente.

Tra le possibili soluzioni per monitorare e migliorare l’aderenza alla terapia, quelle per cui ci sono le aspettative maggiori sono le tecnologie che mettono il paziente al centro, che puntano a responsabilizzare la persona mettendola appunto al centro del percorso terapeutico: dal semplice messaggio sms, alla comunicazione online, a soluzioni più complesse.

La maggior parte di questi sistemi vedono il paziente come un soggetto passivo, mentre è invece fondamentale sviluppare soluzioni e servizi integrati che attribuiscano al paziente un ruolo proattivo e collaborativo.

Per questo motivo nelle soluzioni proposte da Vidiemme si tiene sempre a mente il concetto di Patient Centricity. Prendete ad esempio la soluzione di AIGkit di Vidiemme che, tra le funzionalità esistenti, permette di tenere sotto controllo l’aderenza alla terapia diventando una sorta di ‘compagna’ che affianca il paziente durante il suo percorso. Ma AIGkit non si ferma qui, fa molto di più: è un tool completo di ‘Patient Support Program’ che consente ai pazienti di ricevere informazioni, tenere un diario giornaliero, rilevare le proprie condizioni cliniche da condividere poi con il proprio medico.

Perchè il paziente sia davvero al centro di una terapia sempre più personalizzata e possa vivere il percorso di cura con proattività ed entusiasmo.

 

Sources: The New York Times, upvalue, AIFA, Il Giornale, WHO