Per anni abbiamo sentito l’espressione Big Data e abbiamo ascoltato quel che promette: l’analisi renderà il business più intelligente, permetterà scelte informate e strategiche, le decisioni saranno guidate dai dati.

Eppure l’uso diffuso e la corretta interpretazione dei dati non sono sempre cosa semplice.

In alcune aree l’analisi delle informazioni è di facile accessibilità e ampia diffusione: ad esempio, quasi tutti utilizzano Google Analytics per monitorare i KPI del proprio sito web ad un livello più o meno approfondito.

Sebbene la maggior parte degli imprenditori sia conscio del vantaggio competitivo che una corretta interpretazione delle informazioni in loro possesso possa portare al business, le imprese sono ancora oggi sorprendentemente inconsapevoli del potenziale dei propri dati.

I dati ci sono. Il problema è metterli a disposizione a tutti i livelli delle aziende.

In principio furono le dashboard

La crescente attenzione all’analisi dei dati è iniziata con un passaggio molto semplice: la diffusione di piattaforme di rilevamento dati basate su interfacce visuali. In una parola, le dashboard.

Prima infatti, i report dovevano essere effettuati da team di analisti che poco o nulla avevano a che fare con il business che avrebbe poi dovuto compiere le decisioni strategiche basate sulla lettura di quegli stessi dati.

I dati erano difficili da estrarre, poco flessibili e soprattutto erano difficili da visualizzare. Erano brutti.

Le dashboard invece sono belle. Sono intuitive, colorate, interattive, permettono (o dovrebbero permettere…) di poter essere lette in piena autonomia da ogni rappresentante aziendale, rendendo indipendente il business nel reperimento delle informazioni desiderate.

“Beautiful Evidence” si chiamava quel meraviglioso testo di Edward Tufte che ci insegnava come da sempre avere dei dati deve trasformarsi in mostrarli, e come mostrare può trasformarsi in spiegare.

Gli esseri umani sono animali visivi e avere i dati in un formato intuitivo è un passo avanti enorme. Oggi siamo qui. Le imprese usano i propri dati guardando i dati rappresentati nelle dashboard.

Poi vennero gli algoritmi predittivi

Come abbiamo visto dunque la visualizzazione è un fattore importante, ma siamo sicuri che indicare la luna ci dia un’indicazione su come raggiungerla?

Traducendo: quasi tutti gli strumenti di analisi e di business intelligence vengono utilizzati per aggregare una determinata quantità di informazioni in dashboard più o meno facili da usare e intuitive da interpretare, ma troppo spesso il dato numerico riportato non è di per sé auto esplicativo dell’azione correlata che sarebbe necessario far seguire.

In ultima analisi, i dati possono essere davvero utili solamente se si è capaci di estrarne le giuste informazioni, capirle e usarle per prendere decisioni strategiche.

Il detto recita che sapere è potere, ma i dati in quanto tali non sono ancora conoscenza. E forse è proprio per questo l’adozione di strumenti di business intelligence non ha mai superato il 20% negli ultimi 10 anni, nonostante tutti siano d’accordo che i dati portino potenzialmente un enorme vantaggio competitivo  Per fortuna però il vento sta cambiando.

L’Intelligenza Artificiale applicata all’analisi predittiva sta crescendo in modo esponenziale, con stime che parlano di un mercato in espansione con investimenti che passeranno dai $4,56 miliardi del 2017 a $12,41 miliardi entro il 2022. Il 75% dei dirigenti afferma infatti che implementeranno soluzioni di AI entro i prossimi tre anni.

Aspettando di vedere se questa febbre si trasformi o meno in realtà, è ormai un fatto che soluzioni che incorporano una componente di Machine Learning stiano diventando sempre più disponibili e alla portata di un ampio spettro di aziende.

Predire il futuro dai dati a propria disposizione sta diventando più semplice, e soprattutto, meno caro.

Ad esempio, se grazie agli analytics emergesse che un prodotto viene venduto più velocemente di quanto si pensasse, un Brand potrebbe decidere di alzarne il prezzo, certo che la rimanenza verrà comunque venduta essendo in quel momento un prodotto molto richiesto dal mercato. Così facendo il ricavo sarà ovviamente maggiore.

Comprendere i trend che ricorrono all’interno dei dati, permette di definire in anticipo le azioni tattiche da intraprendere e di poter dunque prendere decisioni strategiche per tempo.

La capacità predittiva rende la conoscenza estratta dai dati pratica, dà la possibilità di usare davvero, nella pratica quotidiana, i dati raccolti.

 Infine arriverà il linguaggio naturale

Siamo partiti dall’obiettivo di sintetizzare i Big Data in informazioni di facile lettura per il business, per arrivare a chiederci come rendere semplice l’applicazione concreta della conoscenza estratta dai dati.

Ma possiamo rendere ancora più fluida la nostra interazione con le informazioni? Possiamo arrivare a stabilire un rapporto davvero interattivo con i dati e la conoscenza che ne viene? Non sarebbe straordinario poter parlare con i nostri analytics come parliamo fra di noi?

Esprimere i pensieri nella propria lingua madre, semplicemente parlando o scrivendo, è uno dei processi più naturali per un individuo e nel mondo dell’analisi dei dati c’è chi sta cercando di risolvere questo rebus. Esistono già dei software che consentono delle interazioni linguistiche limitate. C’è un universo di chatbot là fuori il cui scopo è quello di rendere qualche specifica applicazione possibile attraverso un dialogo uomo-macchina.

Però le domande di business sono complesse.

Richiedono di incrociare informazioni nuove con informazioni pregresse, richiedono ricerca e spirito critico, richiedono più di un gadget che sia in grado di scimmiottare un dialogo su un insieme precostituito di interazioni possibili. Cosa succede quando l’utente, invece di una domanda specifica o di un’interazione preconfezionata, ha bisogno di farne una aperta? E cosa succede quando il problema che affrontiamo richiede che siano fatto più domande concatenate tra di loro?

Il punto cruciale sta nel comprendere che il linguaggio naturale può andare ben oltre l’automazione o la semplificazione dei processi di fruizione di dati e analytics. La applicazioni basate sul linguaggio naturale possono letteralmente aprire a una nuova era in cui le persone che decidono e implementano I processi di strategia e di business possono dialogare liberamente con i dati a ogni livello delle imprese, realizzando finalmente la promessa originaria dei big data: rendere tutte le decisioni di un’azienda potenzialmente informate dai dati.


Crediamo che uno dei bisogni più profondi nel mondo dei dati e analytics dei prossimi anni sarà quello di costruire interfacce linguistiche davvero in grado di colmare il divario fra le persone e i dati. E sappiamo che non ci sarà altro modo di farlo se non creando tecnologie che siano in grado di offrire interazioni linguistiche creative.

Vogliamo poter rendere possibile un vero dialogo fra il business e i dati, ben al di là della reportistica e delle dashboard. Vogliamo far sì che le persone possano fare, nella loro lingua madre, domande perfettamente legittime relativamente al proprio business: ‘come vanno le vendite per categorie di prodotto?’, e poi ‘come vanno le vendite per categorie e per canale di vendita?’, e ancora ‘mostrami i trend per regione per ogni categoria e confrontali con l’anno precedente’. In modo dinamico e senza restrizioni di principio.

Questo può essere fatto solo attraverso un approccio al Natural Language Processing (NLP) che tenga ben presente che l’interfaccia – ovvero lo strumento con cui si interagisce, un chatbot o una barra di ricerca o un assistente vocale – è importante, ma che l’intelligenza semantica e linguistica dietro lo è ancora di più.

Il problema di costruire applicazioni che supportino la comprensione interattiva del linguaggio naturale è ampiamente aperto e solo ora si affaccia a una fase di maturità per cui cominciamo a poter applicare la tecnologia ad applicazioni pratiche complesse. Ma sfruttando le potenzialità di un approccio all’Intelligenza Artificiale basato su NLP e Semantica Computazionale, si possono costruire applicazioni che rendano l’ottenere i data report un processo immediato e il confronto fra diversi report un processo dinamico.

In fin dei conti ‘I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo’, come diceva quel tale.

 

Sources: Medium, 123RF