Nel mondo del Retail i dati rappresentano il nuovo valore aggiunto.

Questo cambiamento sta avvenendo non solo online, dove è possibile memorizzare e archiviare numerosi dati dell’utente per una profilazione più accurata, ma anche nel punto vendita fisico. Gli store stessi, infatti, stanno diventando grandi hub di raccolta dati, grazie alle app, la geolocalizzazione, i camerini intelligenti, le vetrine virtuali e molte altre soluzioni.

La sfida per il mondo del Retail è sfruttare questi dati, tradurli in conoscenza delle abitudini, gusti e preferenze dei consumatori e trasformarli in azioni capaci di creare più profitti per il proprio business, migliorando contemporaneamente anche la Customer Experience.

Sempre più spesso, infatti, l’esperienza all’interno dello store è per il cliente un viaggio nel Brand.

Sempre più IoT

A contribuire all’aumento dei Big Data nel mondo del Retail è sicuramente l‘Internet of Things: si stima che entro il 2020 saranno connessi a Internet 30 trilioni di smart device.

Tutto questo si traduce in un numero maggiore di dati che sta cambiando numerosi settori di business sia durante l’esperienza di acquisto che in quella decisionale e in quella successiva al pagamento.

Ad esempio, oggi, grazie ad Internet, è possibile ricercare informazioni sul prodotto che si desidera acquistare, leggendo recensioni di altri utenti che possono influire sul comportamento di acquisto. Allo stesso modo, dopo che si è comprato un prodotto, i clienti condividono la loro esperienza sui Social, andando a rafforzare il nome di un Brand.

Come impostare una Data Driven Strategy

Per questi motivi diventa sempre più necessario per le aziende avere una Data Driven Strategy, ovvero una strategia capace di guidare i Brand all’interno di questo mondo pieno di dati, per far sì che essi possano trasformarsi in maggiori profitti per il business.

Una strategia incentrata sui dati dovrebbe articolarsi in 4 fasi ben distinte:

  1. Collezionare e integrare tra di loro i dati disponibili: per questo primo passo è necessario che un punto vendita sia dotato di un cloud per immagazzinare i dati e che dietro vi sia una struttura che permetta di raccoglierli in modo strutturato: non è infatti sufficiente collezionare dei dati, ma bisogna anche sapere come classificarli;
  2. Analizzare e scoprire qual è il valore aggiunto che si può trarre dai dati: è la fase in cui è necessario estrarre informazioni da quanto è stato raccolto;
  3. Costruire algoritmi predittivi e ottimizzare i dati raccolti: queste due operazioni sono oggi possibili grazie all’Intelligenza Artificiale e al machine learning, che permettono di individuare la correlazione tra dati e trend;
  4. Trasformare l’analisi dei dati in azioni concrete: è la fase della monetizzazione, quella che ha effetti diretti sul business in quanto capace di aumentarne i profitti.

Una volta implementate le azioni e iniziata la fase di guadagno, inizia una nuova Data Driven Strategy in cui si raccoglieranno ulteriori dati, influenzati dalla nuova strategia adottata dal punto vendita.

I tipi di dati

I dati raccolti, ovviamente, non sono tutti uguali ma si dividono in 4 macro categorie: quelli descrittivi sono utilizzati per le tecniche di business intelligence; i predittivi si basano su algoritmi di Machine Learning; i prescrittivi suggeriscono le azioni da intraprendere per ottimizzare i profitti; gli automatici, infine, sfruttano l’Intelligenza Artificiale per colpire immediatamente l’attenzione di un potenziale cliente, ad esempio proponendogli offerte last minute di un volo che lui ha ricercato più volte con il suo device.

I benefici

I benefici derivanti da una corretta implementazione di Data Driven Strategy sono numerosi e vanno a colpire sia l’azienda che i consumatori. Per il business, sfruttare in modo corretto i dati si traduce in una riduzione dei costi e dei tempi necessari per la profilazione dei clienti e porta ad un’ottimizzazione dei processi, con un ritorno economico.

La monetizzazione è molto spesso data anche dalla possibilità di dar vita a campagne di advertising, per conto di terzi, sfruttando la profilazione ottenuta dalla raccolta dei propri dati o di cedere direttamente quest’ultimi.

I benefici esterni, che vanno a colpire i consumatori, invece, sono un miglioramento dei servizi e prodotti, ad esempio grazie ad una maggiore possibilità di personalizzare ciò che si sta acquistando, e la diffusione di un advertising più targetizzato.

Raccogliere e proteggere i dati

Esistono diverse fonti utilizzate nel mondo Retail per raccogliere i dati.

Quelle tradizionali sono i dati di vendita e pricing, gli eventi promozionali e soprattutto la carta fedeltà, che permette di comprendere le preferenze e abitudini di acquisto di un consumatore.

Ci sono poi le fonti non tradizionali, che hanno fatto la loro comparsa solo qualche tempo fa: i device mobili, i sensori, le ricerche sul Web, i social network e i call center.

I Big Data, quindi, rappresentano un’opportunità per il mondo Retail non solo online ma anche per il punto vendita fisico.

Quest’ultimo, però, per poter trarre profitto da questi dati deve dotarsi di un’infrastruttura che vada oltre al tradizionale warehouse e che possa essere invece un data lake, in cui i dati non vengano solo raccolti in modo ottimizzato ma allo stesso tempo siano protetti. La sicurezza dei dati, infatti, è fondamentale e non può andare ad incidere negativamente sulla Customer Experience.

Un Brand, in base alla sua grandezza, fatturato e numero di store, oggi può facilmente iniziare a sfruttare l’analisi dei Big Data a suo favore.

Per fare questo deve semplicemente integrare al suo interno una Data Driven Strategy, predisponendo i negozi di un’infrastruttura necessaria e guardando non solo alle tecnologie del presente ma anche a quelle possibili del futuro.

 

 

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