I wearable fanno ormai parte della vita quotidiana, vengono indossati al posto dell’orologio (ebbene sì, non mi separo mai dal mio Apple Watch), durante lo svolgimento di attività sportive o semplicemente per consultare le pulsazioni o la qualità del sonno.

In ogni caso, il motivo principale per cui le persone convivono giornalmente con questa tipologia di device è quello di poter monitorare il proprio stato di salute.

Durante uno studio che ha coinvolto 1000 consumatori, è stato scoperto che le organizzazioni sanitarie (compresi i clinici, gli ospedali e le aziende impiegate nel settore dell’assicurazione sanitaria) sono quelle che, più di ogni altro, suggeriscono i wearable device ai loro utenti.

Questo significa che se da un lato le organizzazioni sanitarie hanno pienamente compreso il potenziale dei wearable, sono comunque necessarie maggiori sinergie con le aziende tecnologiche per creare soluzioni efficaci al fine di stabilire una connessione con il paziente ed offrirgli i migliori servizi possibili.

Il dato più interessante è che la categoria dei professionisti impiegati nel mondo della salute sono i più disposti ad usare i wearable rispetto ad altre categorie di consumatori.

I wearable esistono in diverse forme: bracciali, orologi, magliette, scarpe, occhiali, cinture o collane.

Questi dispositivi contengono sensori per la raccolta di dati grezzi che vengono poi archiviati in un database, o in applicazioni software di analisi, per essere elaborati e fornire diversi output.

Ma le loro potenzialità non finiscono qui, infatti i wearable vanno ben oltre, garantendo maggiori possibilità di interazione. Consideriamo per esempio gli smart glass che sfruttano la tecnologia sia della Realtà Aumentata che della Realtà Affiancata: questi device hanno numerosi ambiti di applicazione, come ad esempio il Medical Training o la formazione in sala operatoria. Noi di Vidiemme abbiamo mosso i primi passi in questo ambito nel 2013, quando siamo stati scelti come Early Developers dei Google Glass, mentre ora stiamo sviluppando nuove soluzioni su device quali Epson Moverio, Samsung Gear e Microsoft HoloLens.

Altro ambito che può essere rivoluzionato grazie all’impiego dei wearable è quello del monitoraggio remoto dei pazienti. Senza l’ausilio della tecnologia il controllo dei pazienti viene di norma effettuato ogni 4/8 ore. Questo intervallo di tempo non è ottimale soprattutto quando si parla di pazienti che hanno bisogno di un monitoraggio puntuale ed un livello di attenzione costante. Il problema può essere risolto o limitato grazie all’ausilio di dispositivi indossabili.

Esistono infatti wearable in grado di monitorare i parametri vitali del paziente e mandare alert al centro clinico o al caregiver di riferimento, in caso di eventuali pericoli.

Un buon esempio di questo tipo di soluzioni è il progetto “Wearables for Life”, sviluppato da VDM Labs, la subsidiary di Vidiemme nella Silicon Valley, in collaborazione con un’azienda assicurativa statiunitese. L’obiettivo era quello di supportare le persone con problemi cardiaci durante il loro periodo di terapia e, nel contempo, aiutare i medici ed i caregiver a monitorare l’aderenza alla terapia del paziente.

Le caratteristiche dei wearable risultano essere fondamentali quando ci si trova davanti a malattie croniche che non consentono facilmente di spostare il paziente dalla propria casa all’ospedale.

Addentrandoci nel mondo dei wearable a supporto dei pazienti, è doveroso citare i patch – device indossabili sulla pelle – in grado di monitorare i pazienti minuto per minuto, di raccogliere dati e mandare alert ai caregiver, e quei device dedicati al monitoraggio da remoto dei pazienti allettati a causa di malattie croniche, tra cui alcuni sensori che vengono posizionati sotto il materasso per un monitoraggio dei parametri vitali in tempo reale.

I wearable stanno toccando livelli di precisione e sviluppo tecnologico estremamente elevati. Ne sono un esempio i guanti pensati per i pazienti colpiti da ictus (o che presentano ferite neurologiche o muscoloscheletriche) che danno la possibilità di recuperare gradualmente l’uso della mano, gli Smart Board che consentono ai pazienti con problemi motori agli arti superiori di muovere la spalla e il gomito o i device a forma di orologio che permettono di misurare il livello di glucosio senza il dolore inflitto dalla procedura tradizionale: basterà cliccare un bottone per avere, in un minuto, il risultato, consultabile sul display.

Altri concentrati di tecnologia sono gli “headband” (una sorta di copricapo ad archetto) e gli “earbud”. Entrambi sono device che aiutano i pazienti nella gestione del dolore misurando il livello di malessere e, in caso di bisogno, fornendo distrazioni come giochi, musica o video riprodotti su un tablet connesso.

Ma quale sarà il destino di questa tecnologia? Secondo l’International Data Corporation (IDC) il mercato della wearable technology è cresciuto del 29% nel 2016, con 101,9 milioni di device venduti e si prevede un ulteriore aumento entro il 2020, raggiungendo 213,6 milioni di device.

Da questa ricerca emerge anche che i device più popolari sono i wristband e gli smartwatch, anche se l’abbigliamento e gli occhiali stanno guadagnando consensi e suscitando molta curiosità.

Nei prossimi anni si assisterà quasi sicuramente a una loro evoluzione e si vedranno in giro sempre più wearable, a partire dai già comuni Fitness Tracker fino ad arrivare a device molto più complessi.

 

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