Definire la personalità, il tone of voice e la modalità di interazione è fondamentale quando si progetta un’Interfaccia Conversazionale, che questa sia scritta, vocale o ibrida.

Questi aspetti inoltre cambiano profondamente a seconda dell’utente finale che si relazionerà con il Virtual Assistant, ovvero se quest’ultimo è stato progettato in ottica consumer (B2C) oppure business (B2B).

Progettare un’esperienza Voice B2C o B2B, infatti, è profondamente diverso.

Proprio come accade per i Chatbot puramente testuali è necessario seguire alcune linee guida.

Pur non essendoci ancora numerosi case studies e modelli da seguire, è comunque possibile individuare quali queste siano.

Un’esperienza Voice B2C

Il maggior coinvolgimento emotivo e la possibilità di interagire utilizzando il linguaggio naturale è sicuramente il motivo principale per cui i Brand dovrebbero utilizzare il Voice per creare un nuovo canale per i propri clienti.

Per questo motivo, quando si progetta un’interazione B2C creare una relazione emotiva ed empatica con il consumatore è uno degli obiettivi principali ed è dunque di cruciale importanza scegliere il giusto tone of voice e personalità del Virtual Assistant.

Diventa così un elemento chiave la ricerca delle keywords che rappresentano il Brand e la sua identità.

Un’esperienza Voice B2B

Contrariamente a quanto succede in ambito B2C, quando si progetta una conversazione Voice pensata per una specifica figura professionale l’elemento più importante è che questa sia efficiente.

L’Interfaccia Conversazionale, ha come scopo principale quello di aiutare le persone nello svolgimento delle loro mansioni, assolvendole da compiti ripetitivi, monotoni e/o estremamente time consuming.

Nel caso ad esempio di un clinico che utilizza uno Smart Speaker per registrare i dati di un paziente all’interno di una cartella clinica elettronica, ciò che conterà nell’interazione non sarà tanto la cordialità e empatia dell’Assistente quando piuttosto la sua efficacia nel capire il medico e nell’aggiungere correttamente i dati.

Pochi comandi per volta

Quando si ricevono informazioni o comandi, il cervello umano è in grado di memorizzarne solo pochi per volta.

La progettazione dell’interazione con un Assistente Virtuale deve tenere conto di questo limite umano ed evitare di dare troppi input alla volta per non rischiare che l’esperienza possa essere non soddisfacente o addirittura negativa.

Alcuni test hanno infatti dimostrato che gli utenti che hanno utilizzato lo Smart Speaker per seguire una ricetta, erano in grado di ricordare due o tre ingredienti per volta.

Misurare i KPI

Disegnare un’esperienza positiva per l’utente con il proprio Virtual Assistant è fondamentale per far sì che continui ad utilizzarlo, soprattutto se ha a disposizione altri canali di comunicazione con il Brand o altre modalità per poter svolgere il proprio lavoro, anche se sono più lente e meno efficienti.

È dunque necessario misurare i KPI analizzando il flusso della conversazione.

Ad esempio, l’utente generalmente dimostra di apprezzare l’interazione se ripete frequentemente le parole “Grazie” oppure “Ottimo”.

Mappare quante volte queste parole vengono dette o quando l’utente o l’Assistente ripetono “Non ho capito” serve per capire in quali punti della conversazione bisogna ancora lavorare per far sì che da entrambi le parti ci sia una comprensione adeguata di quanto detto.


L’unico modo per far sì che vi sia una maggiore e continua diffusione e adozione dell’interazione Voice è garantire al consumatore finale un’esperienza positiva e appagante. Senza questa sarà difficile un’adozione del Voice e più in generale dei Chatbot.

Dall’altra parte, anche l’utente deve imparare a conoscere quali sono i limiti di una tecnologia nata per rispondere a specifici bisogni, comprendendo che in un’interazione Voice non può aspettarsi che vi sia una comprensione di richieste troppo generiche.

Noi siamo pronti a supportarti nello sviluppo di un’interfaccia vocale, e tu, sei pronto alla rivoluzione Voice?

 

Searches: Prototypr.io, 123RF